ovvero prevenzione anticrisi delle imprese
E’ ormai diventata purtroppo una regola che il sistema bancario si trovi di fronte ad una impresa in crisi. Troppo spesso la richiesta di intervento avviene quando ormai è troppo tardi così che un problema risolvibile diventa irrisolvibile. Alla banca non resta altro che certificare la fine economica dell’iniziativa e passare la pratica al legale, con i risultati che oramai tutti sanno .
Le note difficoltà di grossi gruppi di rilevanza nazionale, assistiti da primarie banche d’affari, ha portato negli anni novanta a decisioni di salvataggio anche di tipo politico. In tanti casi si è così avuta la conversione dei crediti in capitale generando un fenomeno preoccupante per il sistema creditizio, praticamente un’anomala inversione di tendenza dopo che detto sistema aveva ridimensionato le proprie aspirazioni di “merchant banking” all’italiana (partecipazioni al capitale di rischio) sorte negli anni ottanta, senza adeguata preparazione.
Diverso è lo scenario quando si affronta la crisi di piccole e medie imprese (PMI) che richiedono alle banche un consolidamento del debito. In tali casi infatti il sistema bancario si trova quasi sempre di fronte ad un imprenditore cliente, poco o mal assistito, che afferma che il solo problema della sua azienda è di tipo finanziario e, come tale, richiede solo un intervento temporaneo di mezzi freschi.
E’ ormai luogo comune quindi che a dette banche creditrici si presenti il dilemma amletico se intervenire o meno per difendere le proprie esposizioni, rischiando di più pur di salvaguardare i propri interessi. In tali casi la componente tecnica valutativa è impegnativa come quella dei grossi salvataggi, ove però, come detto, intervengono di norma primarie banche d’affari che si muovono in un’ottica allargata.
Sulla base dell'esperienza maturata in tali situazioni, osserviamo quanto segue:
- L'imprenditore, notoriamente egocentrico, crede, o meglio si illude, che il problema della sua azienda sia solo finanziario e temporaneo, confondendo la febbre, sintomo di una malattia, con la malattia stessa. Se non si va alla radice del problema che ha generato l'illiquidità e non si individua la vera causa e la si rimuove, l'immissione di mezzi freschi è null'altro che un palliativo di breve durata che va a danno di tutti: la crisi non si evita ed il prezzo da pagare, più tempo passa, più è elevato . Quindi una società di consulting non viene di norma chiamata da un’impresa se non quando è troppo tardi;
- saper prevenire o valutare lo stato di irreversibilità o meno di una crisi e, soprattutto, saperla gestire con capacità decisionali è un lavoro manageriale - imprenditoriale. Pensare di affidare tale compito a consulenti, seppur bravi, che non hanno avuto esperienze dirette da “prima linea” nella direzione d’aziende è sbagliato;
- chi deve decidere se intervenire o meno è talvolta attrezzato per un lavoro di diagnosi (lo sono gli Istituti a medio termine) ma non è generalmente attrezzato per scendere in campo a livello operativo nella veste di Amministratore Delegato o di consulente di alta direzione aziendale. Volendolo fare, dovrebbe poi distaccare del proprio personale qualificato a tempo pieno nell’azienda in cui vi sono problemi da risolvere;
- l'imprenditore che ha generato la crisi non è adatto a curare la sua azienda (nessun medico è bravo a curare se stesso) perché non dà sufficienti garanzie di obiettività. Dispone però di un insostituibile patrimonio di dati che è estremamente utile a chi deve operare l’intervento di ristrutturazione.
In definitiva l’impresa affidata entra in crisi quando non è stata adeguatamente monitorata . Per evitare questo si dovrebbe svolgere una responsabile opera di prevenzione, invece di certificare a posteriori la fine economica delle aziende.
Da qui la conclusione che, nel caso di crisi di piccole e medie imprese (PMI), prima che il creditore passi la pratica all’ufficio legale per il recupero del credito, occorrerebbe che si rivolgesse a società specializzate nelle analisi aziendali , opportunamente selezionate.
Un tale servizio è utile non solo per assicurare continuità all’impresa ma anche perché, come si sa, le garanzie reali da escutere, in campo industriale, sono solo un’illusione: l’unica vera garanzia è la sopravvivenza dell’iniziativa ,difesa con un periodico monitoraggio propositivo. Un’industria (anche se spiccatamente caratterizzata sotto il profilo immobiliare, quale ad esempio un albergo) è una realtà dinamica e non statica e vale solo in quanto produce reddito.
La formula sta diventando di moda e certamente provocherà nei prossimi anni una corsa al varo di pretendenti ad occupare uno spazio di mercato che, purtroppo, data la ricorrente crisi del sistema produttivo italiano, è destinato ad aumentare sempre più. Ma i clienti che necessitano di un tale servizio sceglieranno in primo luogo quelle iniziative che potranno vantare un’adeguata esperienza sul campo ed un passato di successi. La conoscenza delle teorie economiche è infatti condizione necessaria ma non certo sufficiente alla riuscita pratica di un’operazione di corretto consulting .
L’attività esposta ha molte somiglianze a quella di prevenzione in campo medico ma una sola importante differenza di fondo : il cliente imprenditore salvato in tempo da una potenziale insorgenza di crisi non è quasi mai riconoscente al suo “salvatore” che si è dimostrato più bravo e lungimirante di lui . E questo anche se alla fine tutti ne traggono vantaggi : la banca ,l’imprenditore ed il sistema economico nazionale che salva posti di lavoro e Know how .
In conclusione: un buon consulting è un’occasione per tutti da non perdere.